mercoledì 3 ottobre 2012


“A Natale si può fare di più “ : è il refrain pubblicitario di una nota marca di pandori e panettoni .
Lo sanno bene  i professionisti della caccia all'obolo che sotto le feste scatenano appetito e creatività, specie ora che i cordoni della borsa si sono stretti causa crisi , riuscendo comunque a mettere su un business da far invidia, per fatturato, mezzi ed operatori, a quello delle maggiori imprese nazionali.
 Quelli che versano l’obolo sono convinti che vada interamente ai bisognosi . In realtà, s
e e quando i soldi arrivano ai destinatari , si tratta sempre di  percentuali assai ridotte  rispetto al versato.
Per esempio. Per tre giorni a dicembre  Parma si mobilita in favore di Telethon, per promuovere la raccolta fondi a favore della ricerca contro la distrofia muscolare e le altre malattie genetiche. Quella di Telethon è una delle poche organizzazioni che  destina alla causa quasi l’ 80  per cento di quel che raccoglie, e il venti alle spese di organizzazione . Ebbene,  sembra tanto, tantissimo, quel venti per cento sottratto ai malati, ma è poco rispetto a quanto fanno gli altri. Comunque, in parte i fondi raccolti vanno alla pratica atroce e  inutile della vivisezione .
Il Galà di danza organizzato dal comitato femminile di Parma della Croce Rossa a favore dell’unità oncoematologica e pediatrica dell’Ospedale lunèdì 20 dicembre ….
Riassumendo. Il cosiddetto Terzo Settore o mondo delle imprese no-profit è assai variegato : circa 220.000 istituzioni, divise tra : a)  non profit “mutualistico” e “associativo”, il più ampio per numero di organizzazioni e volontari. L’obiettivo principale è quello di perseguire l’interesse dei propri membri. La ricreazione in senso lato, dallo sport all’arte, alla cultura, è la principale attività di queste organizzazioni. Ha bassi ricavi, pochi dipendenti e si fonda sostanzialmente sull’auto-finanziamento dei soci attraverso le quote ed il volontariato.; b)  non profit “leggero, che  raggruppa le organizzazioni operanti nei servizi al settore socio-sanitario ( trasporto malati in primis, tipo la “Pubblica”) e all’assistenza sociale ( “ascolto” dei bisognosi, soprattutto, tipo “Telefono Amico”) . Anche queste  si basano prevalentemente  sull’auto-finanziamento e sul volontariato, ma sono volte ad offrire un  servizio a terzi. Molto forte in questo settore la  componente delle associazioni di volontariato sociale di matrice cattolica ; c)  non profit “professionale” , che è l’area con il minor numero di organizzazioni, ma certamente di maggior peso in termini di fatturato e dipendenti retribuiti. Per lo più si tratta di cooperative sociali e di grandi associazioni assistenziali, sia nel settore sanitario che in quello  sociale. Ha una limitata presenza di volontari ed una forte dipendenza dei ricavi dal settore pubblico ( per  il 70 per cento). E’ l’area in teoria più trasparente, perché fatta tutta da organizzazioni giuridicamente definite e con maggiore attenzione alla redazione dei bilanci. E’ anche l’area più “potente” in termini di risorse economiche e di lobby.

In quest’ultima area rientra la  Croce Rossa italiana ( che  in realtà dal 2004 non pubblica un bilancio, anche perché è sempre in rosso ). Essa  destina quasi per intero i fondi speciali raccolti dai  150 mila volontari ( oltre ai 170 milioni annui versati dallo Stato, cioè dai contribuenti)   per  pagare i suoi  ben 5000 dipendenti  - comprese le incantevoli crocerossine che sfilano a Roma ogni anno per la festa della repubblica -  e le  sue sedi, a cominciare dalla faraonica  sede nazionale  ( solo il 6 per cento di tali fondi raccolti per le più svariate buone cause, terremoto di Haiti, inondazioni Pakistan, alluvionati del Veneto ecc.  vanno alle vittime degli eventi) .
Incappa con una certa frequenza in scandali e scaldaletti per la gestione degli aiuti:   nel ‘93 nove suoi dipendenti indagati a Teramo per essersi appropriati di cibi destinati a famiglie povere; nel 2001 ad Agrigento  cinque arresti  e decine di indagati accusati di aver venduto derrate alimentari ai commercianti ; nello stesso anno la procura di Santa Maria Capua Vetere  scopre un traffico di aiuti  alimentari della Ue distribuiti a famiglie tutt’altro che “povere”; nel 2006 a Genova 18 strutture  sotto controllo della Cri per la distribuzione degli alimenti dell’Agea (Agenzia per le erogazioni alimentari) sospese quando si scoprono pacchi di pasta non commerciabili in un China market ; “incidenti”  del genere anche nel 2009 e in quest’anno , quando  dai controlli effettuati dagli  uomini dei Nac ( nuclei antifrodi carabinieri ) di Parma, Roma e Salerno , salta fuori  che una parte non irrilevante degli alimenti  di primissima qualità , come grana e parmigiano, distribuiti  dall’Agea   tra i quindicimila enti accreditati ( tipo Croce Rossa, Caritas, parrocchie etc,) anziché andare ai poveri affamati, finiscono  nei supermercati o spariscono nel nulla ; per ultimo,   i pacchi di Natale 2009 per i terremotati dell’Abruzzo ( piatti, bicchieri e caraffe, regalati dalla Giò style) finiti ai donatori di sangue della stessa Croce Rossa.
E’ pratica frequente da parte di chi raccoglie i fondi per beneficenza , poi, lasciarli  in cassa per  progetti che tardano a realizzarsi ( e intanto gli interessi corrono ). Sempre la Croce rossa nostrana, ad esempio, su 2 milioni e 253mila euro raccolti con le donazioni per i terremotati di Haiti, a sei mesi dal sisma ne aveva spesi un milione e 400 mila , di cui 100mila per famiglie haitiane curate in Italia. Peggio aveva fatto la Croce rossa americana, che su 444 milioni a disposizione ne aveva utilizzati 111, il 25 %.
In generale, strutture così pletoriche di assistenza/beneficienza presentano più di altre il rischio di autoreferenzialità, di pensare più all’autoconservazione dell’organizzazione e dei suoi dipendenti che non ai bisogni degli utenti.
Del resto una prova indiretta del fatto che le risorse finanziarie incamerate finiscano spesso in ben altre attività che non quelle della solidarietà e dell’assistenza è la presenza costante di senza fissa dimora che magari perdono la vita ad ogni rigore invernale, o di campi nomadi in condizioni miserabili o di periferie degradate trascurate dalla “città vetrina”.
Quanto alle  ONLUS fasulle che si costituiscono solo per non pagare l’Iva (3.000
smascherate in 3 anni dall’Agenzia entrate) ,  si è cercato di porre paletti legislativi  ( d.l. 186 del 2008) , ma i furbetti non demordono.
Ad aprile è saltato fuori che una presunta Onlus, la AESM ( associazione europea contro la sclerosi multipla ) senza possedere i requisiti richiesti, e giocando sull’assonanza con l’AISM , unico soggetto giuridico autorizzato a raccogliere oboli per gli sclerotici multipli ,  chiedeva contributi  ai parmigiani , piazzando i suoi uomini davanti all’Ikea.  
Per i  ladri di elemosina, insomma, la crisi non esiste :  invece di diminuire aumentano.
C’è chi si dedica alla raccolta fondi  e chi invece alla raccolta dei vestiti usati.
Oggi pare in decadenza, ma fino a poco tempo quest’ultimo era uno dei business più fiorenti nella nostra ricca città. La massaia in un colpo solo si sgravava sia la coscienza che l’armadio infilando il cappotto un po’ stazzonato o il  maglione fuori moda nei sacchetti appesi alla maniglia del portone da veri e propri professionisti del camioncino che si presentavano a nome della solita pletora di  associazioni “benefiche” o presunte tali disponibili in cambio di congruo conquibus.  
Tu pensavi che quel cappotto finisse a coprire le spalle infreddolite di qualche profugo o di qualche barbone, invece quelli se lo rivendevano a grossisti dell’usato ( i più “nuovi”) o magari a qualcuna delle oltre 170 ditte di Prato dedite al riciclaggio o chissà a chi.
Quanto ai contenitori gialli intestati alla Caritas che vediamo nei cortili delle parrocchie, pare che , se gli indumenti raccolti arrivassero nei paesi del terzo mondo, dove sarebbero rivendute a prezzi concorrenziali , farebbero solo danno alle industrie tessili locali ( il ragazzino indiano o africano preferirà sempre acquistare le nostre scarpe Nike usate a buon prezzo che il prodotto locale non firmato).
Poi ci sono le ditte – assai numerose a Parma, di solito nascoste dietro sigle misteriose  - la cui unica ragione sociale è spillare quattrini proponendo spettacoli “a favore” delle più diverse associazioni benefiche ( che prestano il loro “marchio” per  cifre annue variabili a seconda del “nome” ).
La gente è convinta che i soldi versati per l'acquisto dei biglietti per questi spettacoli di infima qualità cui non è affatto interessata ( richiesti con voce suadente da soavi telefoniste , che meno soavi fattorini passeranno poi a ritirare) vadano interamente ai teorici “beneficiari” – anziani bisognosi d’assistenza, invalidi, malati, moribondi, alcolisti, drogati, non vedenti, bimbi e cani abbandonati, terremotati, alluvionati, vittime di guerre , bimbi iracheni, ma la lista è suscettibile d'infinite aggiunte.
In realtà a costoro non arriva un centesimo di quanto incassa la ditta , che ci paga intanto  i suoi impiegati ( le telefoniste , i fattorini e il titolare della ditta , in primis), e poi  gli artisti da quattro soldi che improvvisano lo spettacolino e chi gli affitta il teatro .
Non parliamo poi dei presunti “ex-tossicodipendenti“ che , penna alla mano, chiedono una firma inutile su una”petizione” fasulla ( in realtà un semplice elenco – forse precompilato - di presunti “benefattori” ) per spillare quattrini per la loro fantomatica “comunità” .
O dei falsi invalidi agli incroci con tanto di stampelle o studiate camminate strappacuore ( a volte sono i circuiti criminali che  arruolano a suon di botte o peggio minori, sordomuti e quant'altro).
O delle decine e decine di boccettine che fioriscono sui banchi del panettiere o del barista o del tabaccaio ( ci vorrebbe un esercito solo per la raccolta ) in nome magari di bimbi da operare con urgenza in Svizzera o in Usa : si può scoprire che o non esiste nessun bimbo o non c'è alcun intervento da fare .
Insomma, un business come altri, ma imbellettato da ragioni umanitarie, il che moltiplica a dismisura gli introiti (scriveva G.B.Shaw: “I ricchi fanno a beneficenza, ma anche la beneficenza fa ricchi”), ma anche l’intollerabilità di questo mercimonio.
Dunque, vigilate, gente. E se proprio volete elargire il vostro obolo, prima informatevi presso gli uffici dell’apposito assessorato comunale o all’Urp dell’USL o al Forum Solidarietà di Borgo Morodolo , per sapere se l’associazione da beneficare  ha registrato la propria ragione sociale (con tanto di sede e numero di telefono) e le attività per cui chiede soldi.
Oppure chiamate il 117 in caso di dubbi sulle reali intenzioni di chi chiede soldi per “finalità sociali”, come suggeriscono i finanzieri , autori dell’indagine che ha smascherato la falsa onlus di quest’aprile.

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