“A
Natale si può fare di più “ : è il refrain pubblicitario di una nota marca di
pandori e panettoni .
Lo
sanno bene i professionisti della caccia
all'obolo che sotto le feste scatenano appetito e creatività, specie ora che i
cordoni della borsa si sono stretti causa crisi , riuscendo comunque a mettere
su un business da far invidia, per
fatturato, mezzi ed operatori, a quello delle maggiori imprese nazionali.
Quelli che versano l’obolo sono convinti che vada interamente ai bisognosi . In realtà, se e quando i soldi arrivano ai destinatari , si tratta sempre di percentuali assai ridotte rispetto al versato.
Quelli che versano l’obolo sono convinti che vada interamente ai bisognosi . In realtà, se e quando i soldi arrivano ai destinatari , si tratta sempre di percentuali assai ridotte rispetto al versato.
Per
esempio. Per tre giorni a dicembre Parma
si mobilita in favore di Telethon, per promuovere la raccolta fondi a favore
della ricerca contro la distrofia muscolare e le altre malattie genetiche.
Quella di Telethon è una
delle poche organizzazioni che destina
alla causa quasi l’ 80 per cento di quel
che raccoglie, e il venti alle spese di organizzazione . Ebbene, sembra tanto, tantissimo, quel venti per cento
sottratto ai malati, ma è poco
rispetto a quanto fanno gli altri. Comunque, in parte i fondi raccolti vanno
alla pratica atroce e inutile della
vivisezione .
Il
Galà di danza organizzato dal comitato femminile di Parma della Croce Rossa a
favore dell’unità oncoematologica e pediatrica dell’Ospedale lunèdì 20 dicembre
….
Riassumendo. Il cosiddetto Terzo Settore o mondo delle imprese no-profit
è assai variegato : circa 220.000 istituzioni, divise tra : a) non
profit “mutualistico” e “associativo”, il più ampio per numero di organizzazioni e
volontari. L’obiettivo principale è quello di perseguire l’interesse dei propri
membri. La ricreazione in senso lato, dallo sport all’arte, alla cultura, è la
principale attività di queste organizzazioni. Ha bassi ricavi, pochi dipendenti
e si fonda sostanzialmente sull’auto-finanziamento dei soci attraverso le quote
ed il volontariato.; b) non
profit “leggero, che raggruppa
le organizzazioni operanti nei servizi al settore socio-sanitario ( trasporto
malati in primis, tipo la “Pubblica”) e all’assistenza sociale ( “ascolto” dei
bisognosi, soprattutto, tipo “Telefono Amico”) . Anche queste si basano prevalentemente sull’auto-finanziamento e sul volontariato,
ma sono volte ad offrire un servizio a
terzi. Molto forte in questo settore la componente
delle associazioni di volontariato sociale di matrice cattolica ; c) non profit “professionale” , che è l’area con il minor numero di
organizzazioni, ma certamente di maggior peso in termini di fatturato e
dipendenti retribuiti. Per lo più si tratta di cooperative sociali e di grandi associazioni
assistenziali, sia nel settore sanitario che in quello sociale. Ha una limitata presenza di
volontari ed una forte dipendenza dei ricavi dal settore pubblico ( per il 70 per cento). E’ l’area in teoria più
trasparente, perché fatta tutta da organizzazioni giuridicamente definite e con
maggiore attenzione alla redazione dei bilanci. E’ anche l’area più “potente”
in termini di risorse economiche e di lobby.
In
quest’ultima area rientra la Croce Rossa italiana ( che in realtà dal
2004 non pubblica un bilancio, anche perché è sempre in rosso ). Essa destina quasi per intero i fondi speciali
raccolti dai 150 mila volontari ( oltre
ai 170 milioni annui versati dallo Stato, cioè dai contribuenti) per
pagare i suoi ben 5000 dipendenti
- comprese le incantevoli crocerossine
che sfilano a Roma ogni anno per la festa della repubblica - e le
sue sedi, a cominciare dalla faraonica
sede nazionale ( solo il 6 per cento di tali fondi
raccolti per le più svariate buone cause, terremoto di Haiti, inondazioni
Pakistan, alluvionati del Veneto ecc. vanno
alle vittime degli eventi) .
Incappa
con una certa frequenza in scandali e scaldaletti per la gestione degli
aiuti: nel ‘93 nove suoi dipendenti
indagati a Teramo per essersi appropriati di cibi destinati a famiglie povere;
nel 2001 ad Agrigento cinque
arresti e decine di indagati accusati di
aver venduto derrate alimentari ai commercianti ; nello stesso anno la procura
di Santa Maria Capua Vetere scopre un
traffico di aiuti alimentari della Ue
distribuiti a famiglie tutt’altro che “povere”; nel 2006 a Genova 18
strutture sotto controllo della Cri per
la distribuzione degli alimenti dell’Agea (Agenzia per le erogazioni
alimentari) sospese quando si scoprono pacchi di pasta non commerciabili in un
China market ; “incidenti” del genere
anche nel 2009 e in quest’anno , quando dai controlli effettuati dagli uomini dei Nac ( nuclei antifrodi carabinieri
) di Parma, Roma e Salerno , salta fuori
che una parte non irrilevante degli alimenti di primissima qualità , come grana e
parmigiano, distribuiti dall’Agea tra i quindicimila enti accreditati ( tipo
Croce Rossa, Caritas, parrocchie etc,) anziché andare ai poveri affamati, finiscono nei supermercati o spariscono nel nulla ; per
ultimo, i pacchi di Natale 2009 per i terremotati
dell’Abruzzo ( piatti, bicchieri e caraffe, regalati dalla Giò style) finiti ai
donatori di sangue della stessa Croce Rossa.
E’ pratica frequente da parte di chi raccoglie i fondi
per beneficenza , poi, lasciarli in
cassa per progetti che tardano a
realizzarsi ( e intanto gli interessi corrono ). Sempre la Croce rossa
nostrana, ad esempio, su
2 milioni e 253mila euro raccolti con le donazioni per i terremotati di Haiti, a
sei mesi dal sisma ne aveva spesi un milione e 400 mila , di cui 100mila per
famiglie haitiane curate in Italia. Peggio aveva fatto la Croce rossa
americana, che su 444 milioni a disposizione ne aveva utilizzati 111, il 25 %.
In
generale, strutture così pletoriche di assistenza/beneficienza presentano più
di altre il rischio di autoreferenzialità, di pensare più all’autoconservazione
dell’organizzazione e dei suoi dipendenti che non ai bisogni degli utenti.
Del
resto una prova indiretta del fatto che le risorse finanziarie incamerate finiscano
spesso in ben altre attività che non quelle della solidarietà e dell’assistenza
è la presenza costante di senza fissa dimora che magari perdono la vita ad ogni
rigore invernale, o di campi nomadi in condizioni miserabili o di periferie
degradate trascurate dalla “città vetrina”.
Quanto
alle ONLUS fasulle
che si costituiscono solo per non pagare l’Iva (3.000
smascherate in 3 anni dall’Agenzia entrate) , si è cercato di porre paletti legislativi ( d.l. 186 del 2008) , ma i furbetti non demordono.
smascherate in 3 anni dall’Agenzia entrate) , si è cercato di porre paletti legislativi ( d.l. 186 del 2008) , ma i furbetti non demordono.
Ad
aprile è saltato fuori che una presunta Onlus, la AESM ( associazione europea
contro la sclerosi multipla ) senza possedere i requisiti richiesti, e giocando
sull’assonanza con l’AISM , unico soggetto giuridico autorizzato a raccogliere
oboli per gli sclerotici multipli ,
chiedeva contributi ai parmigiani
, piazzando i suoi uomini davanti all’Ikea.
Per
i ladri di elemosina, insomma, la crisi
non esiste : invece di diminuire
aumentano.
C’è
chi si dedica alla raccolta fondi e chi
invece alla raccolta dei vestiti usati.
Oggi
pare in decadenza, ma fino a poco tempo quest’ultimo era uno dei business più
fiorenti nella nostra ricca città. La massaia in un colpo solo si sgravava sia
la coscienza che l’armadio infilando il cappotto un po’ stazzonato o il maglione fuori moda nei sacchetti appesi alla
maniglia del portone da veri e propri professionisti del camioncino che si
presentavano a nome della solita pletora di
associazioni “benefiche” o presunte tali disponibili in cambio di
congruo conquibus.
Tu pensavi che quel cappotto finisse a coprire le
spalle infreddolite di qualche profugo o di qualche barbone, invece quelli se
lo rivendevano a grossisti dell’usato ( i più “nuovi”) o magari a qualcuna
delle oltre 170 ditte di Prato dedite al riciclaggio o chissà a chi.
Quanto ai contenitori gialli intestati alla Caritas
che vediamo nei cortili delle parrocchie, pare che , se gli indumenti raccolti
arrivassero nei paesi del terzo mondo, dove sarebbero rivendute a prezzi
concorrenziali , farebbero solo danno alle industrie tessili locali ( il
ragazzino indiano o africano preferirà sempre acquistare le nostre scarpe Nike
usate a buon prezzo che il prodotto locale non firmato).
Poi ci sono le ditte – assai numerose a Parma, di
solito nascoste dietro sigle misteriose
- la cui unica ragione sociale è spillare quattrini proponendo
spettacoli “a favore” delle più diverse associazioni benefiche ( che prestano
il loro “marchio” per cifre annue
variabili a seconda del “nome” ).
La gente è
convinta che i soldi versati per l'acquisto dei biglietti per questi spettacoli
di infima qualità cui non è affatto interessata ( richiesti con voce suadente
da soavi telefoniste , che meno soavi fattorini passeranno poi a ritirare)
vadano interamente ai teorici “beneficiari” – anziani bisognosi
d’assistenza, invalidi, malati, moribondi, alcolisti, drogati, non vedenti,
bimbi e cani abbandonati, terremotati, alluvionati, vittime di guerre , bimbi
iracheni, ma la lista è suscettibile d'infinite aggiunte.
In realtà a
costoro non arriva un centesimo di quanto incassa la ditta , che ci paga
intanto i suoi impiegati ( le
telefoniste , i fattorini e il titolare della ditta , in primis), e poi gli artisti da quattro soldi che improvvisano
lo spettacolino e chi gli affitta il teatro .
Non parliamo poi dei presunti “ex-tossicodipendenti“
che , penna alla mano, chiedono una firma inutile su una”petizione” fasulla (
in realtà un semplice elenco – forse precompilato - di presunti “benefattori” )
per spillare quattrini per la loro fantomatica “comunità” .
O dei falsi invalidi agli incroci con tanto di
stampelle o studiate camminate strappacuore ( a volte sono i circuiti criminali
che arruolano a suon di botte o peggio
minori, sordomuti e quant'altro).
O delle decine e decine di boccettine che fioriscono
sui banchi del panettiere o del barista o del tabaccaio ( ci vorrebbe un
esercito solo per la raccolta ) in nome magari di bimbi da operare con urgenza
in Svizzera o in Usa : si può scoprire che o non esiste nessun bimbo o non c'è
alcun intervento da fare .
Insomma, un
business come altri, ma imbellettato da ragioni umanitarie, il che moltiplica a
dismisura gli introiti (scriveva G.B.Shaw: “I ricchi fanno a beneficenza, ma
anche la beneficenza fa ricchi”), ma anche l’intollerabilità di questo
mercimonio.
Dunque, vigilate, gente. E se proprio volete elargire il vostro obolo, prima informatevi presso gli uffici dell’apposito assessorato comunale o all’Urp dell’USL o al Forum Solidarietà di Borgo Morodolo , per sapere se l’associazione da beneficare ha registrato la propria ragione sociale (con tanto di sede e numero di telefono) e le attività per cui chiede soldi. Oppure chiamate il 117 in caso di dubbi sulle reali intenzioni di chi chiede soldi per “finalità sociali”, come suggeriscono i finanzieri , autori dell’indagine che ha smascherato la falsa onlus di quest’aprile.
Dunque, vigilate, gente. E se proprio volete elargire il vostro obolo, prima informatevi presso gli uffici dell’apposito assessorato comunale o all’Urp dell’USL o al Forum Solidarietà di Borgo Morodolo , per sapere se l’associazione da beneficare ha registrato la propria ragione sociale (con tanto di sede e numero di telefono) e le attività per cui chiede soldi. Oppure chiamate il 117 in caso di dubbi sulle reali intenzioni di chi chiede soldi per “finalità sociali”, come suggeriscono i finanzieri , autori dell’indagine che ha smascherato la falsa onlus di quest’aprile.
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